CAPIRE IL PROFILO CRIMINALE DIETRO LO SCEMPIO DEI LUPI – NATIONAL GEOGRAFIC
- 10 Dicembre 2017
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- Categoria: Crimine Violento, Rassegna Stampa,
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CAPIRE IL PROFILO CRIMINALE DIETRO LO SCEMPIO DEI LUPI
NATIONAL GROGRAFIC
Con l’aumento delle carcasse esposte e vilipese, carabinieri, psicologi e criminologi hanno avviato una ricerca per indagare i nessi tra violenza sugli animali e violenza sugli uomini
Di Lisa Signorile
Da sempre i pastori hanno difeso le loro greggi contro i lupi, ma ultimamente è in aumento un preoccupante fenomeno, quello del “vilipendio del cadavere” del lupo, che viene sempre più spesso mutilato, impiccato, scuoiato o semplicemente esposto morto dove tutti possano vederlo. Una crescente ondata di violenza che, oltre all’atto di protesta in sé, potrebbe nascondere problemi sociali o psicologici di chi commette questi atti. Il sintomo, secondo criminologi e forze dell’ordine, di un malessere che potrebbe essere l’inizio di una escalation violenta che potrebbe non fermarsi ai lupi.
In base a quanto riportato nel Piano di gestione e conservazione del lupo, ogni anno in Italia si stima muoiano circa 3-400 lupi. Di questi, secondo il WWF, solo una piccola parte, circa il 6{e261585656257a7fdf1258f0de6bc260e628f6c4f1589b6e7efae5bca7fac711}, muore per cause naturali, mentre il resto sono da collegarsi all’uomo, soprattutto a incidenti stradali (il 53{e261585656257a7fdf1258f0de6bc260e628f6c4f1589b6e7efae5bca7fac711}) e a bracconaggio (32{e261585656257a7fdf1258f0de6bc260e628f6c4f1589b6e7efae5bca7fac711}). Tuttavia, precisa il WWF, sia le morti naturali che il bracconaggio potrebbero avere una incidenza maggiore perché è difficile rinvenire un lupo morto in un bosco.
Alcuni
di questi lupi, una parte relativamente piccola per fortuna, non viene rinvenuta per caso, ma viene lasciata dai bracconieri in bella evidenza come “messaggio” alla cittadinanza. “E’ un fenomeno recente”, dice il Capitano Stefano Testa dei carabinieri forestali del SOARDA (Sezione operativa antibracconaggio e reati in danno degli animali), “sino a qualche anno fa chi uccideva un lupo si limitava a lasciarne le carcassa nei boschi”.
Dal 2010 si contano quasi una quarantina di casi di carcasse di lupo esposte dopo la morte degli animali e sempre più spesso gli animali sono mutilati o uccisi deliberatamente. Il caso più recente è quello del lupo di Coriano, ucciso a colpi di forcone sulla testa, e lasciato sotto la pensilina di un autobus di linea nel riminese allo scopo di essere ritrovato dagli scolari pendolari il mattino dopo. Quello di Rimini tuttavia è solo l’ultimo di una lunga serie di ritrovamenti lugubri avvenuti nel 2017.
Tra i casi eclatanti, due lupi decapitati, uno a Pitigliano (Grosseto) e uno a Pergola (Pesaro), lasciati rispettivamente all’ingresso del paese e in una aiuola spartitraffico vicino al centro, con la scritta sul muro “Il lupo perde il vizio il pelo la sorte”, e un cappio alla fine della “e”; un lupo scuoiato e lasciato appeso al cartello stradale di Suvereto (Livorno) col cartello “no agli abbattimenti – Si alla prevenzione :-)”; uno inchiodato a un palo e lasciato sotto l’arco di ingresso di Rocca Priora (Roma) con uno stornello in romanesco al collo; tre lupi impiccati, uno a Cittaducale (Rieti), col cartello “mangiato pecore e vitelli e non abbiamo ricevuto nessun rimborso” e due appesi al cartello stradale di Radicofani (Siena).
Una serie inquietante di casi, che segue un periodo di relativa calma nel 2016 con soli tre casi di bracconaggio “esibizionista”. Nel 2015 ci furono almeno sette casi, tra cui un lupo lasciato davanti a una scuola a Sanza (Salerno), col cartello “Il prossimo sarai tu (nome e cognome di un agente della Forestale), amante di (nome e cognome)”, una testa di lupo appesa al tabellone della comunità montana a Ormea, (Cuneo), e un lupo lasciato il 21 dicembre davanti alla Asl di Putignano (Bari), con un fiocco rosso e gli auguri di Natale al collo. Tra il 2013 e il 2014 ci sono stati ben 13 casi nel grossetano di lupi uccisi (generalmente a fucilate) e lasciati in bella evidenza in piazza, uno solo con un cartello. Inoltre, solo per citare i casi peggiori, nel 2014 ci furono anche un lupo scuoiato e mutilato a Grosseto e uno decapitato ed evirato a Tarquinia. Prima di questo “Grand- Guignol” i casi erano rari e sporadici.
Cosa è cambiato? Secondo Rosario Fico, responsabile del Centro di Referenza Nazionale per la Medicina Forense Veterinaria dell’Istituto Zooprofilattico del Lazio e della Toscana, ogni anno in Italia si rinvengono solo circa 100 lupi morti, un quarto dei lupi che si stima muoiano ogni anno in Italia. Di questi, “una parte è vittima di persecuzione diretta da parte di alcune categorie di interesse, come allevatori o bracconieri, che a volte sfocia nell’esposizione del cadavere. Una moda che negli ultimi tempi serve a evidenziare i conflitti ma è condita da forme di esibizionismo, per fare pressione sull’opinione pubblica e sui politici nel tentativo di ottenere quella presunta “quota” di abbattimenti del 5{e261585656257a7fdf1258f0de6bc260e628f6c4f1589b6e7efae5bca7fac711} della popolazione lupina”.
Secondo Rosario Fico queste persone “si sentono investite del diritto di ‘fare giustizia’ nei confronti dello Stato, che secondo loro non tutela gli interessi degli allevatori”. “I lupi esposti – aggiunge il veterinario – generalmente, vengono prima uccisi con armi da fuoco, presi al laccio o avvelenati, e solo dopo si provvede al vilipendio del cadavere”.
Dai dati rilevati da Fico all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Regioni Lazio e Toscana, Sezione di Grosseto, emergono dati interessanti, soprattutto perché è la provincia che sembra avere il record sul bracconaggio esibizionista. “Il lupo provoca danni occasionali all’allevatore”, dice, “ma sono economicamente poco rilevanti rispetto ad altre cause di mortalità ‘fisiologiche’ dell’allevamento (malattie infettive e parassitarie o cattiva gestione dell’allevamento).
Le perdite da predazione ammontano in media allo 0,3{e261585656257a7fdf1258f0de6bc260e628f6c4f1589b6e7efae5bca7fac711}, contro un normale 5-10{e261585656257a7fdf1258f0de6bc260e628f6c4f1589b6e7efae5bca7fac711} di perdite per altre cause, ma conta il danno emotivo percepito dal pastore, difficile da prevedere e gestire, soprattutto a causa delle pressioni mediatiche che ingigantiscono il fenomeno. Di conseguenza, in assenza dell’adozione di scelte gestionali efficaci, gli atti illegali e penalmente rilevanti diventano socialmente accettati e giustificabili dalla ‘finta’ emergenza predazione. Finta, perché può, invece, essere gestita in maniera ordinaria sulla base delle ormai abbondanti conoscenze scientifiche sul fenomeno”.
“I lupi”, ricorda il Capitano Testa del SOARDA, sono protetti dalla legge 157/92 e la loro caccia è totalmente vietata. Inoltre sono tutelati dalla Direttiva Habitat, dalla convenzione di Berna e inclusi in Appendice II delle liste CITES. I reati contro questi animali sono puniti dagli articoli 544 bis e ter codice penale”. Il problema principale è però risalire a chi commette questi crimini. Ad oggi solo due lupi stanno ricevendo “giustizia” nel senso umano. Lo stornellatore di Rocca Priora, quello che ha inchiodato un lupo a un palo sotto l’arco d’ingresso del paese, è un allevatore di 67 anni che ha raccontato ai carabinieri di essere esasperato “dalle decine di pecore e montoni sbranati dai lupi ogni settimana”. Decine di pecore che riesce difficile comparare col dato oggettivo dello 0,3{e261585656257a7fdf1258f0de6bc260e628f6c4f1589b6e7efae5bca7fac711} di danni da lupo annui riscontrati dallo zooprofilattico.
Anche l’autore dell’uccisione del “lupo di Rimini”, quello appeso alla pensilina dell’autobus, è stato identificato: si tratta di un pastore sardo contro il quale è scattata una denuncia penale per uccisione e maltrattamento di animale. L’uomo, che possiede greggi a Coriano, è stato identificato grazie alle videocamere di sorveglianza e ora si attendono gli esiti dei test del DNA su oggetti e indumenti ritrovati dopo una perquisizione. Il movente dichiarato sarebbe il risentimento per il mancato indennizzo di alcuni danni da lupo.
“Le investigazioni di questi reati”, spiega Testa, “diventano sempre più approfondite e sofisticate. Ora, da quando il Corpo Forestale è stato fatto convergere nei Carabinieri ed è stato formato il SOARDA, collaboriamo col RIS e con le altre strutture investigative e territoriali dell’Arma, vengono rilevate impronte digitali e tracce di DNA e vengono studiati i movimenti dei sospetti tramite i telefoni cellulari e le videocamere di sorveglianza, come per gli omicidi. Ciononostante, è più difficile capire chi ha ucciso un lupo che una persona, dato che gli altri lupi non possono testimoniare”. I problemi da affrontare però sono ancora molti. “I reati sugli animali, purtroppo, spesso non hanno la necessaria attenzione. Sarebbe auspicabile una normativa organica ed omogenea di tutela della fauna selvatica per rendere la nostra azione più incisiva. Inoltre, spesso i bracconieri si organizzano, agiscono in modo da lasciare poche tracce confidando poi nell’omertà dei loro vicini”.
C’è inoltre un problema di dispersione delle informazioni per via delle varie competenze territoriali, ma sembra che anche su questo arriverà presto una svolta. “Si sta lavorando per mettere a sistema tutte le informazioni a disposizione delle varie amministrazioni competenti in materia”, dice Testa. “C’è un progetto, a cui sta partecipando l’Arma dei carabinieri, per condividere informazioni tra vari enti quali ad esempio Istituti zooprofilattici, ISPRA, Centri di Recupero Animali Selvatici e forze di Polizia. Incrociando i dati raccolti su tutto il territorio italiano sarà più facile svolgere indagini ed evidenziare eventuali serialità e modus operandi”.
Da quel che si sa al momento, non c’è un “serial killer” dei lupi: caratteristiche, modalità e procedure sono diverse, e disperse geograficamente. C’è modo allora di ricostruire un “profilo psicologico” del potenziale uccisore di lupi? E ha senso investire tante risorse per farlo? “In fondo, sono solo animali, le forze dell’ordine dovrebbero concentrarsi a difendere le persone”, direbbero i più. Eppure sembrerebbe proprio che sia importante, nell’interesse di tutta la collettività. Il termine “LINK” in discipline quali psichiatria, criminologia o scienze investigative indica la stretta correlazione esistente fra il maltrattamento e/o l’uccisione di animali, la violenza interpersonale e ogni altra condotta deviante, antisociale e/o criminale – omicidio, stupro, stalking, violenza domestica, rapina, spaccio, furto, ecc. In base al report del 2016 sul LINK-Italia, “sono oramai numerosissime le ricerche che provano che la violenza esercitata sugli animali, oltre ad essere un atto da contrastare e condannare di per sé, può essere la manifestazione di una situazione esistenziale patologica, o un fenomeno predittivo di condotte devianti che possono andare in escalation e sfociare nel vandalismo, nell’aggressione fisica o psicologica alle persone, ed eventualmente nel furto, nella violenza sessuale e in casi estremi nell’omicidio”.
Uno dei massimi esperti di LINK in Italia è il brigadiere capo Rossano Tozzi del Raggruppamento CITES-SOARDA. “Chi ha interesse che il lupo non attacchi le greggi”, dice, “e si ostina a non utilizzare le difese anti-lupo previste e co-finanziate dagli enti competenti, al massimo si libera dell’esemplare e lo lascia in un fosso, senza bisogno di pubblicizzare l’atto criminale. Per capire questi crimini bisogna invece analizzare il contesto sociale, perché sembra oramai diventata una moda: ogni uccisione esibizionista emula le precedenti, in un crescendo”. La responsabilità, secondo Tozzi, è anche della stampa. “Il lupo è al centro dell’attenzione perché se ne parla, è un animale simbolo che smuove l’attenzione e attira i giornalisti”. Data la scarsità dei casi conclusisi con l’identificazione e incriminazione del colpevole, è difficile costruire un profilo psicologico di queste persone, ma ci si sta lavorando. A questo scopo, Tozzi e una équipe di psicologi e criminologi sono andati nelle carceri, con la collaborazione dell’amministrazione penitenziaria, a intervistare i detenuti, alla ricerca del “link”, del legame, tra la violenza sugli animali e quella commessa sulle persone.
I risultati sono in linea con quanto già noto a livello globale e confermano lo stretto legame tra crimini commessi sugli animali e pericolosita’ sociale. Per esempio, il 35{e261585656257a7fdf1258f0de6bc260e628f6c4f1589b6e7efae5bca7fac711} dei detenuti che ha maltrattato o ucciso animali da adulto ha dichiarato di averlo fatto come parte integrante di un’altra condotta criminale come intimidazioni, violenza domestica e così via; Il 27{e261585656257a7fdf1258f0de6bc260e628f6c4f1589b6e7efae5bca7fac711} per soldi, ad esempio bracconaggio, allevamento illegale o combattimenti; Il 19{e261585656257a7fdf1258f0de6bc260e628f6c4f1589b6e7efae5bca7fac711} per sadismo; Il 17{e261585656257a7fdf1258f0de6bc260e628f6c4f1589b6e7efae5bca7fac711} come modalità di espressione della propria condizione psicologica ed esistenziale: rabbia, solitudine, difficoltà a relazionarsi con gli altri, senso di impotenza, vuoto, noia, bisogno di esercitare controllo e potere sugli.
Secondo i dati raccolti da LINK Italia nelle carceri, ben il 90{e261585656257a7fdf1258f0de6bc260e628f6c4f1589b6e7efae5bca7fac711} di chi ha commesso reati sessuali ha visto maltrattare, maltrattato e/o ucciso animali da minorenne, un dato che arriva al 98{e261585656257a7fdf1258f0de6bc260e628f6c4f1589b6e7efae5bca7fac711} nel caso di detenuti connessi alla criminalità organizzata. Nel complesso, il 64{e261585656257a7fdf1258f0de6bc260e628f6c4f1589b6e7efae5bca7fac711} dei detenuti intervistati, in carcere per altri reati, ha maltrattato animali da adulto e di questi il 96{e261585656257a7fdf1258f0de6bc260e628f6c4f1589b6e7efae5bca7fac711} aveva già maltrattato animali da minorenne.
Nel caso dei lupi il fine dichiarato è quello di una protesta sociale, ma che in molti casi ricorda le modalità di intimidazione delle organizzazioni criminali. “Inoltre”, ricorda Tozzi, “in alcuni individui vedere la foto sui giornali del proprio atto di violenza crea un senso illusorio di appagamento che potrebbe portare a reiterare il crimine, in alcuni casi dirigendolo verso soggetti umani”. L’omertà connessa alle uccisioni e mutilazioni esibizioniste sui lupi sarebbe quindi socialmente non dissimile, in quanto a responsabilità sociale, dall’omertà di chi copre altri delitti, ed è frequentissima, tanto da rendere complesse e a volte irrisolvibili le indagini. “Quasi tutte le persone ascoltate in fase d’indagine”, racconta con un velo di amarezza il Capitano Testa, “dicono la stessa cosa: non si sentono di condannare la situazione ma dichiarano la loro estraneità”.
In breve, per citare le parole dell’ex Vice Procuratore Distrettuale di New York Carol Moran, “chi tortura o uccide un animale è spesso violento anche nei confronti delle persone. Ne consegue che le condanne per maltrattamenti agli animali permettono di mettere i soggetti che compiono abusi sulle persone in prigione o in terapia”.