Perché la società civile e le istituzioni non devono e possono più ignorarla!
di Francesca Sorcinelli
Presidente LINK-ITALIA (APS)
Colgo volentieri l’invito da parte del movimento l’Urlo di Angelo, ad esprimere alcune considerazioni relativamente al “Caso di Angelo”.
In merito all’accaduto specifico e a tutti i casi simili mi preme evidenziare che sminuire e ancor peggio equivocare i registri comportamentali di un crimine efferato e specifico indicatore di pericolosità sociale quale è il maltrattamento e uccisione di animali con i registi comportamentali di una bravata, allo stato attuale, non costituisce un atto ma un vero e proprio “vizio” di ignoranza e/o malafede assolutamente intollerabile, ingiustificabile e soprattutto irresponsabile per almeno 4 autorevoli motivi:
1) Interpretare il maltrattamento di animali come sintomo di una situazione esistenziale patogena (soprattutto se condotto da minori) e grave indicatore di pericolosità sociale intendendo con tale espressione «la probabilità o mera possibilità che un soggetto che ha commesso il reato di maltrattamento o uccisione di animali, realizzi in futuro o sia già implicato in altri comportamenti previsti dalla legge come reati», non significa prospettare l’intuizione illuminata di una particolare scuola di pensiero poiché esso ha già ottenuto il massimo riconoscimento istituzionale in ambito accademico – Utah University, Northwestern University, Massachussetts University, Harvard University, Florida Unuversity, American Psychiatric Association, World Health Organization, ecc. – e investigativo giudiziario – Federal Bureau of Investigation (F.B.I.), Office of Juvenile Justice and Delinquency Prevention (O.J.J.D.P.), Scotland Yard, New South Wales Police Force (Australia NSW Police Force), Canadian Police, ecc.
2) Nell’International Classification of Mental and Behavioural Disorders (ICD-10, 1996) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.) e nel Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-III-R 1987) dell’Associazione Psichiatrica Americana è stata inserita la crudeltà fisica su animali tra i sintomi del Disturbo della Condotta (D.C.) il quale è l’anticamera del Disturbo Antisociale di Personalità. L’Italia fa capo alle linee guida dell’O.M.S. per le modalità operative dei professionisti in ambito psicosociale, socio-educativo, sanitario e giudiziario. Del resto prima che la crudeltà fisica su animali fosse inserita nel D.C. un clinico, un educatore professionale, assistente sociale, appartenente alle forze dell’ordine, relativamente alla domanda: «questo paziente/utente/autore di reato è mai stato violento con un animale?», avrebbe potuto decidere se porsela oppure no esclusivamente in base al proprio giudizio personale, ora è evidente che la decisione sia d’obbligo e su giudizio istituzionale dell’O.M.S..
3) Nel “Global Status Report on Violence Prevention 2014”, pubblicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, dal Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (U.N.D.P.) e dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il Controllo della Droga e la Prevenzione del Crimine (U.N.O.D.C.), emerge che i comportamenti antisociali causano più di 1,3 milioni di vite perse ogni anno e un numero ancora superiore di persone ferite. Già nel “World Report on Violence and Health 2002”, l’O.M.S. aveva definito la violenza come uno dei maggiori problemi di salute pubblica a livello mondiale ed in particolare la violenza interpersonale viene evidenziata come fenomeno in crescente ascesa in tutto il mondo.
4) I dati presentati da LINK-ITALIA (APS) e N.I.R.D.A. del Corpo Forestale dello Stato in collaborazione con il Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria (D.A.P.) nel REPORT 2016 sul “Profilo Zooantropologico Criminale del Maltrattatore e Uccisore di Animali”, grazie ad uno studio retrospettivo su un campione di 537 detenuti nelle carceri italiane e su un campione più allargato di 942 Casi Link, consentono anche al nostro paese di affermare scientificamente ciò che la letteratura criminologica, psicosociale e vittimologica anglosassone rileva da circa un secolo per cui prevenire, trattare e contrastare il maltrattamento e/o l’uccisione di animali, oltre ad essere un atto dovuto di per sé, risulta essere uno dei più efficienti ed efficaci strumenti di prevenzione, trattamento e contrasto del crimine in genere.
In conclusione, nel trattamento del caso specifico e del fenomeno in genere l’auspicio, in un paese che dimostra una sempre crescente sensibilità e mobilitazione civile sul tema in questione, è che la società tutta e le istituzioni in particolare, vogliano essere orgoglioso esempio di una Italia che sente la necessità di distinguersi in quanto avanguardia nella prevenzione, trattamento e contrasto del maltrattamento di animali e nella lotta alla violenza e criminalità in genere, contrapponendosi fermamente all’ancor diffusa, retrograda e socialmente pericolosa mentalità del “tanto sono solo animali”.